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Cancro del colon: nuove opportunità di cura per il secondo big killer tra i tumori

Presentati oggi a Napoli i risultati dello studio internazionale XELOXA, al quale ha partecipato anche la Seconda Università degli Studi partenopea.

I dati, presentati in anteprima a Berlino durante il Congresso ECCO-ESMO lo scorso settembre, dimostrano che i pazienti con tumore colorettale in stadio iniziale trattati con capecitabina e oxaliplatino subito dopo intervento chirurgico vivono liberi da malattia più a lungo rispetto ai soggetti trattati con uno tra i regimi chemioterapici standard a base di fluorouracile in bolo in associazione a leucovorin (5-FU/LV).

Questi risultati confermano che i pazienti possono contare su un’ulteriore opzione nel trattamento del carcinoma del colon-retto.

Notizia questa più che positiva dal momento che il tumore del colon retto è la seconda causa di morte da tumore in Europa (circa 500 decessi al giorno) ed è il terzo tumore più diffuso al mondo con circa 1 milione di casi all’anno. I dati più recenti stimano circa 40.000 nuovi casi ogni anno in Italia con 15.000 decessi.
“Lo studio XELOXA, il più grande studio mai effettuato condotto su pazienti non trattati in precedenza e sottoposti a intervento chirurgico per tumore del colon-retto” – precisa il professor Hans-Joachim Schmoll, coordinatore del trial e Direttore Dipartimento Oncologia Università di Halle-Germania – “ha dimostrato che la sopravvivenza libera da malattia a tre anni nei pazienti trattati con regime XELOX (capecitabina + oxaliplatino) è stata del 70,9 per cento, superiore al braccio 5-FU/LV (66,5 per cento)”.

“Questo studio ha dimostrato ancora una volta che, nella fase III, l’aggiunta dell’oxaliplatino allo schema chemioterapico è essenziale nel trattamento adiuvante, ma soprattutto” – ha affermato Fortunato Ciardiello, U.O. Oncologia Medica, Seconda Università degli Studi di Napoli, che ha partecipato allo studio internazionale – “che la capecitabina in associazione all’oxaliplatino ha un’efficacia comunemente superiore al fluorouracile in bolo, con in più i benefici legati alla compliance del farmaco orale, somministrazione che i pazienti trovano molto vantaggiosa”.

Altro aspetto fondamentale che emerge dallo studio è infatti la maneggevolezza della nuova associazione terapeutica rispetto alla chemioterapia standard: con la terapia orale a base di capecitabina la somministrazione può avvenire a domicilio, con un evidente beneficio in termini di qualità della vita per i pazienti.

La capecitabina può essere definita una chemioterapia target: il farmaco viene trasformato in fluorouracile attraverso diversi passaggi che coinvolgono tre enzimi principali tra cui la timidina fosforilasi (ThyPase). Questo enzima è coinvolto nella conversione finale in 5-FU ed è maggiormente espresso nei tessuti tumorali rispetto ai tessuti normali. Questo consente una maggiore attività del farmaco a livello della cellula bersaglio tumorale, riducendo gli effetti collaterali sulle cellule sane circostanti.

Di particolare interesse è risultata una sotto-analisi dello studio XELOXA presentata al congresso ASCO GI, recentemente tenutosi ad Orlando, in Florida, che ha dimostrato come l’efficacia dello schema XELOX viene mantenuta anche nei pazienti anziani (sopra i 65 anni di età) in termini di sopravvivenza libera da malattia con un buon profilo di tossicità. Questi dati testimoniano che XELOX può essere impiegato nel trattamento post-intervento del cancro colorettale in stadio III a prescindere dall’età del paziente.
Quindi ottime notizie per i pazienti: nuove strategie di cura vanno ad arricchire l’armamentario terapeutico a disposizione dei medici oncologi per trattare il tumore del colon retto, che a differenza di altri tipi di tumore, nel 90 per cento dei pazienti, grazie a diagnosi precoce e a trattamenti tempestivi potrebbe andare incontro a un minor rischio di ricaduta.

Comunicato di Avatar di Pro Format ComunicazionePro Format Comunicazione | Pubblicato Martedì, 16-Feb-2010 | Categoria: Notizie
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