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Catapano Giuseppe: La sede dell’azienda decide il fallimento

Il diritto comunitario deve sempre prevalere sul diritto processuale interno, in caso di conflitto. Mentre competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro in cui è situato il centro degli interessi principali del “debitore!. Lo ha affermato la Corte di giustizia Ue nella sentenza (causa C-396/09, Fallimento Interedil Srl).

In particolare, la Corte ha precisato che i giudici nazionali di grado inferiore hanno sempre la facoltà di sindacare le valutazioni di diritto espresse dai giudici di grado superiore, investendo della questione – tramite rinvio pregiudiziale – la Corte di Giustizia, quando le ritengano contrastanti con il diritto Ue. In altre parole: è la Corte di Giustizia l’interprete supremo del diritto comunitario. Il principio della prevalenza del diritto dell’Unione è pacifico, e trova la sua ragion d’essere nella considerazione secondo cui il diritto comunitario perderebbe il proprio carattere se ciascun ordinamento nazionale potesse autonomamente e liberamente derogarvi. Ne risulterebbe scosso, è stato osservato, il fondamento giuridico della Comunità.

Ciò detto, rischi di conflitti rimangono comunque possibili, perché non è detto che il giudice nazionale di grado inferiore che nutra sospetti sulla conformità al diritto comunitario della decisione del giudice di grado superiore investa la Corte di Giustizia della questione: il rinvio pregiudiziale infatti è un obbligo solo quando la questione si presenti davanti ad un giudice di ultima istanza, mentre è una facoltà negli altri casi.

Gli ulteriori principi affermati dalla sentenza riguardano il diritto fallimentare, e più in particolare il tema della competenza internazionale, o meglio della giurisdizione, ad aprire la procedura di insolvenza. Il problema si pone quando l’impresa assoggettabile a procedura di insolvenza sia dislocata in più Paesi. La disciplina di riferimento è contenuta nel regolamento comunitario n.1346 del 2000, dedicato appunto alle procedure di insolvenza transfrontaliera. Ed è il Regolamento a porre la questione in termini di “competenza internazionale”, affermando che: ; .

Non solo: nei suoi preamboli e nelle definizioni, il Regolamento precisa che per si deve intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo riconoscibile dai terzi la gestione dei propri interessi, e per qualsiasi luogo in cui il debitore esercita in modo non transitorio un’attività economica con mezzi umani e con beni. Principi affermati ora anche dalla Corte Ue.

A cura del Prof. Giuseppe Catapano

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Infine, nell’interpretare la direttiva sul commercio elettronico, la Corte ha stabilito che il prestatore di un servizio del commercio elettronico non può essere soggetto nello Stato membro ospitante a prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto dello Stato membro in cui il prestatore è stabilito.

A cura del Prof. Giuseppe Catapano

Comunicato di Avatar di gente attivagente attiva | Pubblicato Lunedì, 20-Mag-2013 | Categoria: Notizie
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