Cura del cheratocono: le opzioni chirurgiche per una ripresa completa
La vista rappresenta sin da sempre uno dei sensi primari per la vita quotidiana, è infatti fondamentale per poter svolgere molteplici mansioni e per garantire un’esperienza complessiva dell’ambiente circostante specialmente in una società che, pur dovendo favorire l’abbattimento delle barriere architettoniche per qualsiasi tipologia di disabilità livellando così le opportunità, limita particolarmente le attività per chi soffre di problemi visivi. Per tali ragioni è importante approcciarsi in modo preventivo verso lacune patologie, intervenendo per tempo come nel caso della cura del cheratocono.
Divenuta una delle patologie oculari emergenti, nonostante gli studi clinici proseguano da svariato tempo al fine di comprenderne nel dettaglio meccanismi d’azione e fattori scatenanti (in particolare alla luce di un target d’età non specifico), il cheratocono può infatti risultare come una delle sindromi più invalidanti non tanto per l’effetto diretto provocato a carico della cornea (in modo spesso progressivo e graduale nel tempo) quanto in termini d’impatto sociale a carico specialmente di soggetti giovani affetti da tale situazione.
La cura del cheratocono, una volta diagnosticato per tempo tramite una visita oculistica specialistica, può strutturarsi su diverse tipologie di approcci più o meno risolutivi in base al grado di avanzamento del deterioramento del tessuto corneo: le soluzioni più significative, in termini di riuscita ed impatto sul paziente, ad oggi sembrano essere l’uso di protesi intracorneali, il ricorso al cross linking corneale trans epiteliale con iontoforesi e la corneoplastica. Ciascuno offre un rimedio più o meno diretto intervenendo chirurgicamente sulla cornea al fine di ristabilire la giusta struttura oculare, limitando così la sintomatologia ed i fastidi tipici della riduzione del tessuto corneo con evidenti difficoltà nella rifrazione della luce e conseguentemente la lettura delle immagini circostanti.
Partendo dalle protesi intracorneali si tratta di un processo di supporto sfruttando anelli intrastomali al fine di appiattire la cornea, evitando in tal modo l’alterazione naturale della forma dovuta all’effetto della patologia. Diverso è invece il caso del cross linking corneale tran epitaliale, ad oggi una delle opzioni più percorse e battute nel portfolio di soluzione per la cura del cheratocono, ciò grazie al processo rigenerativo del tessuto stesso tramite un processo induttivo artificiale dai grandi risultati. In ultima istanza la corneoplastica si presenta invece come un trattamento tra i meno invasivi grazie all’uso di specifiche tecniche chirurgiche e biomeccaniche dedite a modificare non solo l’anatomia corneale quanto soprattutto il grado di deterioramento con processi conservativi dai risultati decisamente incoraggianti e con i minimi rischi.
Ciascuna delle opzioni elencate rientra all’interno di un più ampio portfolio di opzioni per la cura del cheratocono in costante evoluzione grazie agli studi che ogni anno continuano a proporre modifiche e miglioramenti di pari passo con la ricerca clinica: il primo e fondamentale passo è però sempre rappresentato da una diagnosi precoce cercando di comprendere sin da subito i propri sintomi visivi, di qualunque tipologia essi siano, sottoponendosi ad una visita specialistica che possa non solo chiarire eventuali dubbi sullo stato dei vostri occhi quanto anche escludere l’eventuale presente di un processo degenerativo tipico del cheratocono.
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