Pomodori di lusso. Dialogo con l’artista G.Ravazzini, di Ilario Baudanza
Pomodori di lusso
Giuliano Ravazzini, artista italiano, non convenzionale, precursore di tematiche e simbologie, centralizzatore di progetti interdisciplinari di confine, fotografo pittore scultore, produttore di eventi backbone, personaggio singolare e carismatico che alla polemica e allo scandalo preferisce la seduzione.
Agli spaghetti preferisce i cappelletti, ai ristoranti di Soho preferisce Il Diana di Bologna o il ristorante da Arnaldo a Rubiera, dove servono bolliti di carne o spuma di mortadella. Sotheby’s e Christie’s non rappresentano per lui dei record di vendite, inversamente regala opere d’arte via bluetot all’ultima Arte Fiera di Bologna, gennaio 2008. Ciò nonostante vive in un grande palazzo nobiliare settecentesco sull’Appennino emiliano, circondato da migliaia di libri e dai rumori dei contadini, dove si sente comunque al centro del dibattito culturale, e ritiene di condurre una esistenza di altissima qualità.
Provocatorie ma non fini a se stesse, le sue tematiche guardinghe, non urlate, convincono per intelligenza e raffinata esposizione. Un artista italiano che medita i suoi progetti in isolamento contaminato, e teorizza che “di uno spettacolo solo se visto da lontano cogli l’essenza”, come una idea lasciata sedimentare per lungo tempo, si mostra realmente per quello che è. La distanza è come il tempo.
Le strategie di vendita vincenti del mercato dell’arte anglosassone sono per noi Italiani certamente un faro da seguire ma non bisogna esagerare, e ancora, sono vere queste mirabolanti cifre raggiunte nelle case d’asta ? O come credo, studiate messe in scena per ricchi fessi compratori.
Non siamo forse oggi di fronte al più grande e colossale fallimento di un sistema economico basato sulla presunzione di valori o promesse inesigibili. Credere a queste paludate e luccicanti operazioni di marketing è come immobilizzare capitali in qualche derivato marcescente. E poi questa centralità degli Inglesi che controllano tutti i mercati possibili dalle materie prime alla cultura, dobbiamo accettarla ancora?
Se è vero che il sistema economico occidentale è fallito molta colpa è di questo modus operandi, perché seguirlo ancora dunque?
Non solo nell’arte, ma su tutti i fronti, interessiamoci piuttosto alle nostre autonomie, ai locali mercati d’arte, prepariamoci all’autarchia rionale.
Conservare le nostre conoscenze specifiche è il nostro prezioso compito, non è più tempo per second life, ma direi piuttosto rional life. Dove io vivo, si sa che c’è una varietà di pomodori chiamata borsa d’breck (scroto di caprone) autoctoni da più di un secolo e di una squisitezza dimenticata, chiediamoci che valore ha questa perizia e intelligenza umana, che conservando i semi ci permette ancora di gustare questo ortaggio. E’ la conseguenza di un altissimo pensiero creativo e conservativo, questo pomodoro è un’opera d’arte da offrire al migliore banditore d’asta.
La logica autarchica connaturata a tutti i contadini ci ha protetto e ci regala questi inestimabili doni, è lo spirito selvaggio dell’uomo diffidente verso ciò che non conosce, istinto primordiale sapiente e protettore. Il clima teso e pericoloso delle relazioni internazionali ci indurrà in parte a produrre autonomamente ciò di cui abbiamo bisogno, e questa via positiva chiarirà cosa sono realmente concetti come qualità e lusso oggi del tutto travisati o sconosciuti. Ridurre la possibilità d’azione in molti casi migliora i risultati, un minor numero di strumenti a disposizione, spesso chiarisce l’obiettivo.
Ilario Baudanza
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